Diverse ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite dalla DIA di Napoli questa mattina, su ordinanza del Gip del Tribunale della città. Fra le persone indiziate, anche il sindaco di Melito, Luciano Mottola.
Sono, in tutto, 18 le persone raggiunte da questa ordinanza e, fra queste, anche il sindaco della cittadina alle porte di Napoli. Ecco quali sono le accuse mosse a loro carico.
Diciotto misure di custodia cautelare sono state eseguite, questa mattina, dalla DIA di Napoli su ordinanza del Gip del Tribunale della città partenopea. Fra gli indiziati c’è, anche, il sindaco di Melito, cittadina in provincia di Napoli, Luciano Mottola.
Fra le accuse, per i 18, quella del reato di scambio elettorale politico mafioso, ma anche di corruzione, tentata estorsione, concorso esterno in associazione mafiosa, attentati ai diritti politici del cittadino e associazione di tipo mafioso. Non solo un’ordinanza emessa verso il primo cittadino di Melito soltanto ma, anche, verso due consiglieri comunali e verso il presidente del consiglio comunale di Melito.
Le indagini, che sono state svolte dalla DIA di Napoli e coordinate dalla DDA, sono partite dalle notizie che sono state acquisite in merito agli interessi della criminalità organizzata di inserirsi proprio nelle elezioni elettorali del sindaco di Melito e di quelle del Consiglio Comunale stesso.
Il 3 ottobre del 2021, Luciano Mottola fu eletto al secondo turno ed era sostenuto da Fratelli d’Italia e da altre 9 liste civiche e prevalse sulla candidata presentata dalla coalizione PD/5stelle.
Il Gip ha osservato che, in seguito proprio alle indagini, sono emersi degli indizi, anche gravi, proprio sull’esistenza di un accordo (già al primo turno di voto) tra esponenti della criminalità organizzata del clan Amato – Pagano, che insiste proprio nel territorio di Melito, ed alcuni rappresentanti della coalizione a sostegno del candidato sindaco Marrone Nunzio, questi al momento non risulta indagato.
Proprio questi ultimi, stando alle indagini portate avanti, avrebbero accettato la promessa dei referenti del clan, del procurare, quanto alla coalizione e, di conseguenza, anche allo stesso candidato sindaco, tutti i voti degli appartenenti al clan e dei soggetti ad esso legati, quanto pure quelli dei residenti del rione popolare destinatari di pressioni ed intimidazioni.
Il tutto in cambio di somme di danaro, di altre comodità richieste, quanto anche della disponibilità a soddisfare gli interessi dell’associazione camorristica. Stando ancora alle indagini portate avanti dalla DIA, proprio in questa fase, ad una candidata al consiglio comunale sarebbero stati impediti l’esercizio dei diritti politici.
La candidata è stata costretta, “causa gravi minacce come ad esempio l’allontanamento dall’abitazione o la chiusura dell’esercizio commerciale”, a fare campagna elettorale per un candidato della coalizione opposta che era gradito al clan e non ovviamente per se stessa.
Sono anche emersi vari episodi, nel corso delle indagini, di compravendita di voti dei consiglieri comunali, anche in occasione delle elezioni alla Città Metropolitana, che si sono svolte lo scorso 13 ottobre del 2022. Indizi anche per quel che riguarda episodi estorsivi proprio per gli affari dei clan.
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