Secondo un recente indagine dell’Agcom, i servizi social da smartphone come Whatsapp, Telegram e Viber, dovrebbero pagare la rete telefonica. Visti i recenti cambiamenti nelle telecomunicazioni dovuti all’introduzione degli smartphone nella quotidianità di moltissimi italiani, le applicazioni che permettono un contatto istantaneo tramite rete internet dovrebbero pagare una somma alle reti telefoniche. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Whatsapp, Telegram e le altre reti di comunicazione istantanea dovrebbero pagare una somma ai gestori della rete sulla quale si appoggiano, questo è ciò che emerge dall’indagine effettuata dall’Agcom con relatore Antonio Preto. Le applicazioni, quindi, pagherebbero una sorta di pedaggio agli operatori telefonici, pedaggio che potrebbe essere ricavato dal credito telefonico degli italiani e che, come si legge dal documento ufficiale dell’Agcom, deve essere equo e non discriminatorio, così che non ci sia disparità di pagamento nelle varie applicazioni.
Tutto ciò andrebbe contro le norme interne di applicazioni come Whatsapp che, di recente, ha abolito perfino il canone annuale di 0,89€ per ricavare il proprio sostentamento monetario solo da pubblicità e fruizione di clienti, ma Agcom si esprime al riguardo: per poter vendere i dati di profilazione a terzi, i fornitori di servizi dovrebbero ottenere un titolo abilitativo per poter operare in Italia. In altre parole, le aziende straniere che offrono un servizio di questo tipo in Italia dovrebbero rispettare le nostri leggi riguardanti il traffico telefonico e bisognerebbe che aprissero un call center per gestire le problematiche e consentire le chiamate d’emergenza gratuite ai numeri 112 e 113.
Whatsapp, Telegram e Viber diventeranno a pagamento? Molto probabile, ma la fama ottenuta da queste applicazioni, divenute famose appunto per la possibilità di comunicare in tempo reale senza costi aggiuntivi a quelli della rete internet, non andrebbe man mano scemando? Diciamoci la verità, a nessuno piace pagare improvvisamente per un servizio che fino a poche ore prima risultava gratuito e, anche noi, non ci troviamo d’accordo su questo punto. Vedremo come si evolve la vicenda.
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