Wind ha ritirato dalla televisione, da Facebook e da YouTube lo spot in cui Giorgio Panariello veniva ‘torturato’ per confessare le offerte della compagnia telefonica. Secondo le associazioni per la difesa dei diritti umani, tra cui Amnesty International Italia e Antigone, lo spot è offensivo, in generale e nei confronti della famiglia Regeni. Regeni è Giulio, di cui qualche ora fa è stata svelata la tragica sorte: il ricercatore sarebbe stato interrogato per sette giorni prima di essere ucciso e le ferite ritrovate sul suo corpo dimostrano che le torture sarebbero avvenute ad intervalli di 10-14 ore. Lo spot Wind oggi ritirato era stato girato prima delle notizie dal Cairo, ma la compagnia telefonica (peraltro in passato di proprietà di un egiziano, il magnate Naguib Sawiris) era finita comunque nel mirino (anche della stessa famiglia Regeni) perché, nonostante la notizia delle sevizie subite da Giulio, aveva continuato a trasmettere lo spot.
Niente più messa in onda/web per lo spot Wind in cui Giorgio Panariello veniva ‘torturato’: la compagnia telefonica ha ritirato lo spot (dalle reti Rai, Mediaset, Sky e La 7, oltre che da Facebook e da Youtube) dopo le proteste di numerose associazioni, tra cui Amnesty International e Antigone, e dalla stessa famiglia di Giulio Regeni. Nello spot, Giorgio Panariello si rifiuta di svelare le promozioni della Wind, e si sente allora una voce fuori campo che dice ‘Torturatelo‘, al che la lingua dell’attore – mostrato legato con una corda insieme alla ‘spalla’ Giovanni Esposito – si scioglie e tutte le offerte vengono svelate.
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La pubblicità era stata girata prima che Giulio Regeni fosse ucciso, come ha tenuto a precisare la stessa Wind annunciando il ritiro, ma all’indomani della rivelazione che il ricercatore italiano sarebbe stato torturato dai servizi di sicurezza egiziani, continuare a trasmetterla era sembrato di pessimo gusto. Per Amnesty International Italia e per Antigone (l’associazione che si batte per i diritti dei detenuti), la tortura è un crimine contro l’umanità e usare il tema con ‘leggerezza’, come fa Wind, non aiuta la causa, ma anzi ostacola l’impegno per i diritti umani e contro la tortura. ‘In molti paesi la tortura viene praticata, compresa l’Italia dove da quasi un trentennio aspettiamo una legge che la punisca‘, sottolineano le due associazioni, ricordando inoltre le proteste (reiterate) della famiglia Regeni.