Secondo il nuovo rapporto del WWF, il 70% della fauna selvatica è stata distrutta in soli cinquant’anni. Ecco i dati emersi.
Il rapporto Living Planet 2022 del WWF, pubblicato martedì 13 settembre 2022, indica che il 69% delle popolazioni di animali selvatici vertebrati è in declino dal 1970. Su scala globale, questo risultato attesta una leggera stabilizzazione. Date, però, le previsioni climatiche per gli anni a venire, questo rallentamento è ampiamente insufficiente e continua a condannare gli animali.
La sintesi del nuovo rapporto Living Planet, prodotto ogni due anni dal WWF, conferma la sparizione delle popolazioni di animali selvatici nel mondo. La sua leggera stabilizzazione da poco meno di dieci anni non basta a suscitare entusiasmo, anzi tutt’altro.
Il World Wide Fund for Nature (WWF) pubblica ogni due anni un rapporto scientifico sullo stato della biodiversità mondiale e sull’impatto che l’attività umana ha su di essa.
Da oltre mezzo secolo l’organizzazione non governativa studia le variazioni nel numero delle popolazioni di vertebrati: anfibi, pesci, uccelli, mammiferi e rettili.
Il rapporto mostra un calo del 69% delle popolazioni di animali vertebrati nel mondo dal 1970. Questo è il valore di punta tra i tanti dati forniti dall’ONG, che rivela cifre “terribili”, che emergono dalle parole del direttore di WWF World, Marco Lambertini.
Fissato al 68% quando è stato pubblicato il rapporto precedente, nel 2020 il calo si sta stabilizzando. Questa, però, non è una buona notizia. Come afferma “Possiamo parlare di un rallentamento del declino – afferma Yann Laurans, direttore della biodiversità terrestre al WWF Francia – Si stabilizza, ma questo ritmo non è sostenibile. Nel 2012, la ONG ha stimato il calo medio al 60%“.
Dietro questa media del 69%, i risultati differiscono a seconda delle aree geografiche del globo. La natura dell’ambiente, il suo sfruttamento da parte dell’uomo e le sue dimensioni, in particolare, sono criteri che influiscono sulle popolazioni animali.
L’acqua dolce, che rappresenta solo l’1% delle risorse idriche della Terra, è tra gli ambienti più colpiti. Dal 1970, in queste acque si è registrato un calo medio dell’83% nel numero di esemplari per specie.
L’America Latina è il continente con il maggior calo del numero di vertebrati, stimato al 94%. L’immensità dell’Amazzonia ne fa il principale serbatoio mondiale di biodiversità, provocando gravi danni, in particolare a causa della deforestazione.
Come nel 2020, la tartaruga liuto è uno degli animali in via di estinzione. Particolarmente vittima di catture accidentali di pesca e del riscaldamento globale, l’animale abbandona le spiagge della Guyana dove si reca a deporre le uova. Da 10.000 del 2009, se ne contano 160 nel 2020.
Menzionato anche il dugongo, mammifero marino erbivoro, che sta rapidamente scomparendo dalle acque della Nuova Caledonia. Rimarrebbero circa 700 esemplari nella regione, un calo del 50% in dieci anni. In Cina, la specie è considerata estinta dall’estate del 2022.
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