Il presidente cinese Jinping ha affermato di essere al fianco di Raisi e di sostenere l’Iran per ripristinare l’accordo sul nucleare. La visita iraniana in Cina è stata attuata per espandere le relazioni già esistenti ma che necessitano di sviluppo concreto per ampliare i rapporti commerciali bilaterali in ogni ambito.
Le autorità internazionali si sono allertate dopo l’annuncio di tre giorni di visita da parte del capo di Stato iraniano Raisi in Cina, dato che oltre a questo avvicinamento le due Nazioni vedono anche un insidiarsi all’interno delle relazioni bilaterali anche la Russia.
Mosca, Teheran e Pechino stanno cercando di creare una rete di sviluppo commerciale, militare, energetico e produttivo che possa il più possibile essere autonomo dalle forniture occidentali. Questo sta portando le tre nazioni a un avvicinamento importante che rischia di dare supporto, come sta già succedendo, a Putin nella sua operazione militare speciale in Ucraina e risulta anche molto pericolosa per le futura relazioni internazionale. L’astio verso l’Occidente, che accomuna i tre paesi, fortifica notevolmente la cooperazione collaborazione e sprona i capi di Stato ad un approccio condiviso anti Occidente.
Fondamentale il discorso inerente l’accordo sul nucleare che è stato interrotto nel 2018 per poi elargire sanzioni sanzioni, dato che l’approccio precedente è stato ritenuto dal presidente Usa Trump inefficace contro il governo iraniano.
Il capo di Stato cinese Jinping ha espresso il massimo sostegno all’Iran durante la visita del presidente Ebrahim Raisi cominciata ieri, riguardo al patto sul nucleare che è stato interrotto ed è, ora, argomento gettonato e molto importante per la comunità internazionale e per gli stessi Stati Uniti che sono stati, sostanzialmente, gli artefici dell’interruzione dello stesso.
Il presidente Jinping ha precisato, ieri, sul sito statale cinese che: “La Cina sostiene l’Iran nella salvaguardia della sovranità nazionale e nella resistenza all’ unilateralismo e al bullismo”. Il discorso non è sicuramente emerso casualmente in questo momento storico ma in realtà si sta sviluppando all’interno di dinamiche relazioni internazionali che hanno subito profondi cambiamenti dopo l’inizio del conflitto in Ucraina. È la prima volta difatti in vent’anni che Pechino ospita i vertici iraniani ufficialmente e che decide di invitarli per ampliare i rapporti bilaterali.
Le parole del presidente della Cina sono state chiare e hanno manifestato la sua posizione senza indugi. Jinping ha chiesto una risoluzione corretta e una gestione della questione nucleare iraniana che porti esiti costruttivi all’interno del patto interrotto e ha espresso, inoltre, la propria solidarietà Raisi all’interno di questo momento di incertezza internazionale.
L’accordo sul nucleare del 2015 è stato interrotto come sopracitato dagli Stati Uniti e, in merito alla decisione statunitense di revocare l’accordo, Raisi ha voluto spiegare che in quel momento stava sviluppando energia nucleare per ragioni pacifiche e che a suo avviso Washington ha semplicemente voluto introdurre sanzioni pecuniarie per un astio già ben presente nei confronti di Teheran.
Pechino ha spiegato che di fronte alla complessità cambiamenti, a cui siamo assistendo oggi, che spaziano in ogni ambito statale una cosa però rimane certa e solida, ovvero che Cina ed Iran si sono sostenuti a vicenda e hanno lavorato insieme cooperando in solidarietà. Il rapporto tra Raisi e Jinping è stretto anche per la volontà condivisa, seppur in maniera differente, di supportare Mosca indipendentemente dalle critiche e dalle accuse occidentali e questo rafforza in maniera importante la pericolosa alleanza Cina, Iran Russia.
L’accordo sul nucleare firmato a Vienna nel 2015 con la presenza di sei potenze mondiali ovvero Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Russia, Cina e Unione Europea prevedeva che l’Iran ridimensionare asse il programma di arricchimento dell’uranio e promettesse di non perseguire obbiettivi militari e creare armi nucleari ma che lo sviluppo nucleare fosse effettuato a fin di bene come per esempio per produrre energia pulita.
Nel momento in cui esplose la scelta del presidente Usa Trump di andare a interrompere il proseguimento dell’accordo nucleare o, quantomeno, depennare dallo stesso gli USA ha fatto esplodere un caos internazionale e neanche l’amministrazione statunitense è riuscita a convincere il Tycoon a ragionare sulle conseguenze di tale decisione. Secondo la comunità globale avere un patto in essere riguardo all’energia nucleare rendeva la questione osservabile anche da parte dell’occidente.
Molti democratici statunitensi ma anche deputati repubblicani hanno sostenuto già all’inizio del declino dell’accordo nucleare che questo avrebbe comportato stabilità enorme all’interno del Medio Oriente che viveva già una situazione alquanto tesa. Nonostante gli USA avessero deciso e confermato alle nazioni europee l’intenzione di lasciare l’accordo siglato l’Europa espresse grande rammarico in merito alla scelta di Trump.
In questa maniera è stato interrotto un accordo importante che permetteva di tenere sotto controllo la situazione di sviluppo nucleare iraniano, che ora resta invece in gran parte un mistero. Va precisato che nel momento in cui Trump decise di emettere le sanzioni e ritirarsi, quindi facendo fallire il patto, l’agenzia internazionale per l’energia nucleare aia aveva riferito che per quanto riguardava la loro supervisione le indagini fatte in territorio iraniano non esistevano prove da portare e che supportasse il fatto di una violazione dell’accordo da parte dell’Iran.
Il 2015 aveva segnato finalmente una possibilità di equilibrio tra le posizioni contrastanti internazionali in merito allo sviluppo nucleare. L’accordo fu firmato con fatica e con grossi sforzi diplomatici con lo scopo di tenere sotto controllo gli sviluppi dei singoli Stati membri ma, nel 2018, l’allora presidente usa Trump decise di rinnegarlo.
L’accordo prevedeva, più nello specifico, che l’Iran si sbarazza delle proprie riserve di uranio arricchito, componente essenziale per la bomba atomica, ma prevedeva anche la riduzione di due terzi, per la durata di 13 anni, delle centrifughe a gas. Inoltre fu stabilito che per i 15 anni successivi l’Iran avrebbe potuto effettuare un arricchimento dell’uranio fino al 3,67% ma, soprattutto, non avrebbero potuto costruire nuovi reattori nucleari.
Nell’accordo era previsto inoltre che l’arricchimento di uranio fosse limitato soltanto a un impianto e gli altri invece avrebbero dovuto essere convertiti in modo da ridurre i rischi e la proliferazione del nucleare. L’ultimo punto ovviamente quello che prevedeva che fosse possibile effettuare verifiche periodiche per monitorare il rispetto delle postille contenute all’interno dell’accordo. Ed è proprio qui che entra in gioco l’aia che nel caso in cui avesse rinvenuto violazioni dell’accordo avrebbe comunicato tempestivamente ahimè membri del patto l’accaduto e sarebbero potute così partire sanzioni verso il governo iraniano.
La mossa intrapresa da Trump creò un circolo vizioso che si trasformò in diffidenza e tensione geopolitica che alzò anche nervosismo in Siria e Israele ma, ovviamente, anche tra Teheran e Washington. Nel 2020 il presidente Biden ha cercato di riaprire il dialogo, ormai perduto, con le istituzioni iraniane con lo scopo di riprendere gli accordi di Vienna sul nucleare.
Data la situazione pesante e pericolosa, attuale, in Medio Oriente che vede un’escalation violentissima e preoccupante, la comunità globale ora spinge al massimo il pedale sull’acceleratore per riprendere accordi che riescano a monitorare le attività riguardo allo sviluppo nucleare dei singoli stati.
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