Milioni di ulivi secolari a rischio e un colpo al cuore per uno dei luoghi più belli d’Italia. Questi e molti altri i danni che la Xylella fastidiosa sta arrecando agli ulivi in Salento, in particolare nella provincia di Lecce e in alcune zone del brindisino. Il batterio provoca il disseccamento delle piante e al momento non c’è alcuna cura: l’unica soluzione è limitare l’epidemia, restringerla e andare ad attaccare il vettore, l’insetto detto sputacchina (una piccola cicala). È quanto si sta facendo nei territori colpiti: l’UE ha imposto di estirpare gli ulivi infetti e tutte le piante (180 specie) nel raggio di 100 metri, alberi da frutto e vitigni compresi. In termini di soldi, si parla di milioni di euro per il solo 2015 con l’eradicazione di quasi 35mila olivi e un contraccolpo devastante per l’economia e la bellezza di questo angolo di Puglia.
La Regione Puglia e il ministero dell’Agricoltura cercano di correre ai ripari. Dal Cdm a fine aprile è arrivato l’ok per un fondo da 11 milioni di euro a sostegno degli interventi compensativi per i produttori colpiti; la Regione ha chiesto lo stato di calamità e ora si lavora per contenere i danni già ora ingenti.
La direttiva europea all’inizio chiedeva di estirpare tutte le piante in Puglia. La spinta di Francia, Spagna e Grecia, con i francesi che hanno già imposto il blocco di 105 piante dal Salento, è stata in qualche modo attutita, ma il problema rimane. L’UE ha puntato il dito non solo contro gli ulivi ma anche sulla vite e altre piante da frutto, tutte da togliere nell’arco di 100 metri da una pianta infetta anche se perfettamente sane. Per il Salento potrebbe essere il colpo di grazia: dopo l’olio anche il vino e soprattutto la coltivazione di barbatelle potrebbe essere bloccato. “Al momento non c’è una ragione scientifica poiché non è dimostrato che questo ceppo di Xylella colpisca la vite”, ha chiarito il presidente della Regione Nichi Vendola.
Che cos’è la xylella
La Xylella fastidiosa è un batterio parassita che causa il “Complesso del disseccamento rapido degli olivi” (CoDiRO) delle piante di olivo. Il vettore è la sputacchina, una piccola cicala: oltre al batterio, ci sono altre concause, in particolare un fungo (Phaeoacremonium) e un lepidottero (Zeuzera pyrina). Sotto accusa, da parte degli studiosi, anche l’uso indiscriminato di diserbanti che hanno indebolito le piante e la poca cura dei terreni. La Xylella non si era mai registrata in Europa e in Italia, ma è già nota per aver distrutto migliaia di ettari di piante (frutta e agrumi) e viti in California e in Brasile. Da dieci anni negli States si cerca una soluzione senza successo: l’unico rimedio è estirpare le piante ed evitare il più possibile il contagio, usando diserbanti che colpiscano la sputacchina. Il caso in Puglia è scoppiato ora ma è almeno dal 2013 che si registrano piante malate: come sia arrivato in Italia un batterio originario dell’America è ancora da chiarire.
I danni
Il Salento è terra di ulivi da secoli, se non da millenni. Le piante che qui affondano le radici hanno cento, duecento, trecento anni e sono parte centrale dell’anima di questa terra meravigliosa. Ne sono l’immagine e il traino anche per il turismo, ma sono soprattutto il cuore dell’economia. Secondo i dati Istat, l’olio pugliese rappresenta il 30% della produzione nazionale con un fatturato di 522 milioni di euro annui: 270mila le imprese olivicole, il 22% dell’Italia. Non solo quantità ma anche e soprattutto qualità visto che qui le Dop registrano il fatturato italiano più alto, 28 milioni di euro: l’olio è il terzo prodotto più venduto dalla Puglia, che vale 106 milioni di euro, un 9% dell’esportazione nazionale. Secondo uno studio commissionato da Coldiretti all’Universtà di Bari, la Xylella nel 2014 ha ridotto del 30% la produzione di olio nel leccese. A questo si aggiunge l’estirpazione delle piante infette e di quelle circostanti, oltre al divieto di vendita di altre 150 specie di piante, barbatelle di vite comprese. Solo in questo settore, il danno per il 2015 si aggira intorno ai 30 milioni di euro, con aziende che hanno iniziato a licenziare o hanno già chiuso.
Lo zampino delle agromafie?
Uno degli aspetti su cui si sta indagando meno è come sia arrivato nelle terre salentine un batterio originario del Centro America. Il sospetto è che anche in questo campo ci sia lo zampino delle agromafie, come scrive il giornalista e sociologo Luigi Russo nel capitolo “Lo strano caso della Xylella fastidiosa” che apre l’ultimo rapporto sulle Agromafie, realizzato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Secondo Giancarlo Caselli, che ha coordinato il rapporto, c’è qualcosa che non torna nella diffusione della malattia, “aspetti che potrebbero andare oltre la fatalità”.
Associazioni e agricoltori si sono rivolti alla Procura di Lecce per avere chiarimenti. L’esposto presentato da volontari, associazioni e agricoltori ricorda che nel 2010 si tenne a Bari un workshop sulla Xylella fastidiosa con esperti provenienti da 22 Paesi per formare tecnici locali. A dicembre 2010 erano già state trovate delle piante infette ed erano state distrutte. Dunque, il batterio era presente ben prima del 2013. Come è arrivato?
“L’unico insetto che sembrerebbe essere coinvolto, la cicadellide, non compie in volo neanche 100 metri e il contagio si sta diffondendo a macchia di leopardo, saltando interi territori”, scrive Russo. A occuparsi del caso è la Pm Valeria Mignone: si indagherà sull’importazione di germi patogeni della Xylella, ufficialmente per fini sperimentali ma che è comunque pratica vietata. Si andrà a fondo anche nel capire come il batterio, arrivato a Bari per il workshop, non ha colpito gli ulivi della zona ma quelli da Gallipoli in poi, a 200 km di distanza.
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