Yara Gambirasio non sarebbe stata uccisa da Massimo Bossetti, ma sarebbe stata vittima di una setta. A dirlo è Ezio Denti, criminologo ma soprattutto consulente della difesa di Massimo Bossetti, che sta scontando la pena come assassino della 13enne bergamasca. “Bisogna approfondire il nesso tra il pedofilo di Rimini e l’omicidio di Yara Gambirasio, ma dubito che la Procura abbia voglia di farlo” aveva detto giorni fa Denti parlando a ‘Radio Cusano Campus’ e riferendosi all’arresto di un impiegato di 53 anni di Rimini, trovato in possesso di un intero dossier sulla minorenne, con tanto di foto.
Il ‘Resto del Carlino’ ha deciso di approfondire la questione con il consulente: “La pista della setta è stata sempre seguita da noi. Con questa indagine su una rete di pedofili prende sempre più consistenza. Anche all’epoca gli inquirenti indagarono nell’ambito della pedofilia. Sul corpo della giovane vittima sono stati trovati strani segni a croce, sembravano simboli che dovessero rappresentare chissà cosa. E non erano ferite vitali. E poi c’erano quei tagli sui polsi. Sembravano quasi delle firme nell’ambito di una setta”.
L’impiegato di Rimini, dunque, farebbe parte di una setta: “A distanza di sette anni, ora si trova un soggetto con in mano un fascicolo sulla povera ragazzina che viene associata a tutte quelle porcherie. E’ strano. Yara Gambirasio era pulita e candida, e ora ce la ritroviamo descritta in quel modo da un gruppo di malati di mente che inneggiano a colui che l’ha uccisa come se fosse un eroe. Come se, appunto, si fosse trattato di un sacrificio. In quel dossier viene descritta come una ragazzina che è stata sacrificata da qualcuno. Se è Bossetti il colpevole, devo pensare che faccia parte della catena. Ma, ripeto, su di lui non è mai stata trovata una traccia collegabile alla pedofilia”.
Denti è convinto che “Yara sia stata lasciata morire di freddo e di stenti da più persone”. Ci sono però due gradi di giudizio a condannare Bossetti all’ergastolo, a causa del Dna: “Spero che la Procura di Rimini inoltri alla procura di competenza questo materiale, è giusto venga fatto. Vorremmo ottenere qualcosa fuori da quelli che sono i crismi legali. Finché si parla di ritagli di giornale è un conto, ma qui si parla di foto e questa è una cosa strana. Troppo strana”.
Subito dopo l’arresto del pedofilo di Rimini, un centinaio di persone si sono ritrovate in piazzale Marconi, davanti alla stazione ferroviaria di Bergamo, per far arrivare a Bossetti piena solidarietà. C’era pure l’avvocato Claudio Salvagni, il difensore del muratore di Mapello. “Ci sono troppi elementi anomali nell’inchiesta che ha portato in carcere il mio assistito. E sono emerse tutte nel corso dei processi di primo e di secondo grado. Per questo motivo abbiamo rifiutato il rito abbreviato. Chiediamo ancora che venga fatta una nuova prova del dna, che scagionerebbe Massimo. Se la Cassazione confermerà la condanna, sarà come essere tornati nel Medioevo, quando non c’era possibilità di difendersi da accuse anche ingiuste”.