Sono passati dodici lunghi anni da quel maledetto 26 febbraio 2011, giorno nel quale un aereo modellino atterrava a fianco del cadavere di Yara Gambirasio nel campo di Chignolo d’Isola.
Sono stati anni in cui spesso si è perso di vista il punto di partenza di una delle più terribili vicende che la cronaca giudiziaria riporti nell’ultimo decennio. Massimo Bossetti ha ucciso Yara Gambirasio al di là di ogni ragionevole dubbio. Nonostante qualsiasi tipo di mistificazione, suggestione o schieramento innocentista, l’unica ad essere privata dei piaceri, degli affetti e di tutto ciò che di bello e meraviglioso la vita può offrire è stata proprio la giovane ginnasta.
Come più volte ho avuto modo di spiegare non c’è soltanto la prova del DNA ad inchiodare Bossetti, ma numerosi indizi che vanno a confortarla. A titolo esemplificativo, se nei primi interrogatori il muratore di Mapello continuava a ripetere di non capacitarsi come le sue tracce biologiche fossero state rinvenute sugli slip di Yara, nei successivi sollevava sospetti sul collega Massimo Maggioni. Bossetti, noto in paese come “il favola”, sosteneva che il socio di suo cognato fosse sessualmente interessato alle ragazzine in età scolare e, spinto da profondo rancore, avrebbe ucciso la ragazzina contaminandone il cadavere con il suo stesso DNA.
In questa direzione, non minor rilievo assumono le ricerche rinvenute sul pc in uso al muratore. Le parole chiave inserite da quest’ultimo sul motore di ricerca google avevano come query “ragazzine rosse tredicenni per sesso”, “ragazzine con vagina rasata” e molto altro, vi assicuro, difficilmente spendibile a titolo di cronaca. La moglie Marita Comi non ha mai escluso di aver navigato con il marito su siti pedopornografici con teenager, ma, al contempo, ha sempre negato di aver cercato keywords dal calibro di “ragazzine con vagina rasata”. Paradossalmente Bossetti ha smentito categoricamente di aver visionato certi siti. Peccato però che le sue preferenze sessuali fossero compatibili con quanto manifestato nella lettera a Gina in carcere.
La corrispondenza tra i due era ricca di nomignoli e fantasie sessuali. Comprese le preferenze per le parti intime depilate. L’uomo era stato da poco arrestato e su di lui gravavano già accuse pesanti come macigni.. A mio avviso, tali lettere mostrano come il condannato avvertisse pulsioni sessuali di un calibro non arginabile neppure in un contesto come quello della reclusione carceraria.
A questi dati si aggiungano le particelle di calce rinvenute nei polmoni di Yara, il fatto che quel giorno Bossetti non fosse andato al lavoro e l’evenienza per la quale, dopo aver agganciato la cella di via Natta nell’orario in cui Yara usciva dalla palestra, il suo telefono risulterà spento fino alla mattina dopo. Per non parlare delle intercettazioni ambientali in carcere ove Bossetti spinge la moglie ad andare in televisione per lucrare sulla vicenda “La nostra quota è sempre sui 25 000 euro a Matrix” […] “Sai quanti vorrebbero assumersi il mio caso? Mi conoscono in tutta Italia. È il caso più pagato fuori di Elena Ceste”.
Insomma, non sembra il comportamento di un soggetto disperato che grida a gran voce la sua innocenza. Infine, anche la linea difensiva tenuta in ordine alla prova scientifica, denunciante una creazione artificiosa del profilo genetico in laboratorio, fa acqua da tutte parti. Si è arrivati a Massimo Bossetti tramite Giuseppe Guerinoni. Il DNA isolato sugli slip e sul gluteo di Yara, quindi proprio in prossimità di zone erogene, è stato attribuito in prima battuta ad Ignoto 1, e non al muratore di Mapello al quale si è giunti dopo un lavoro certosino durato anni. Non sta in piedi neppure il mancato ritrovamento del solo DNA nucleare di Bossetti. Questo è infatti l’unico profilo attendibile in termini forensi. In altre parole, solo il nucleare è definibile come nostro “marchio di fabbrica” dal momento che è identificativo dei geni di entrambi i genitori. Al contrario, il mitocondriale indica soltanto la discendenza per linea femminile. Non so voi, ma tra opinione e scienza io preferisco quest’ultima.
Sempre dal punto di vista dell’indagine forense, altra circostanza su cui insiste la difesa, è il rinvenimento di altri due profili genetici – uno maschile ed uno femminile – sui guanti riposti nella tasca del piumino di Yara. In proposito, vale la pena rammentare anzitutto che questi non erano indossati dalla ragazzina quella sera e, in aggiunta, che erano stati acquistati qualche settimana prima in un centro commerciale. Dunque, esposti al contatto di un grande quantitativo di persone. Poco conto, se non in termini mediatici, avranno anche le recenti lettere inviate dal Bossetti ai direttori di giornali vari ed eventuali.
La sua condanna non è frutto di un complotto o di un malfunzionamento della giustizia. Sugli slip di Yara non sono stati rivenuti profili genetici di pescatori siciliani o pastori sardi, ma quelli di un muratore della bassa bergamasca. Io credo nei fatti, molto poco alle parole. Mi sono permessa però di spenderne alcune per la piccola Yara, che continua a sorridere solo nei ricordi di chi ancora vive.