Il presidente ucraino Zelensky nega ogni coinvolgimento nell’attacco della scorsa notte al Cremlino. Mosca fa sapere che saranno adottate misure di ritorsione
Due droni hanno tentato di attaccare il Cremlino nella notte tra il 2 e il 3 maggio.
Mosca sin da subito non ha avuto dubbi: si è trattato di un attentato terroristico ucraino, sventato, alla vita del Presidente russo Vladmir Putin. Ha fatto poi sapere che saranno adottate misure ritorsive.
I veicoli senza pilota sono stati annientati dai sistemi di difesa automatici aerei, anche se alcuni rottami sono precipitati all’interno del territorio del plesso presidenziale, senza comunque provocare feriti o danni.
Un video, sin da subito in circolazione su alcuni canali Telegram e diffusi anche da diverse testate giornalistiche vicino all’opposizione russa, quali Dozhd e Meduza, mostra un oggetto non identificato di colore bianco cadere in direzione della calotta del Cremlino. A seguire poi un lampo di luce rossa. Il video come didascalia riporta “Moment udara” (“Il momento dell’attacco“).
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Ria Novosti, al momento dell’attacco il presidente russo non sarebbe stato presente all’interno della residenza. Ciò è stato confermato anche dal portavoce russo Dmitrij Sergeevič Peskov che ha dichiarato “Il presidente non è rimasto ferito e il suo programma di lavoro non è cambiato”.
Il Presidente Volodymyr Zelensky ha subito negato ogni coinvolgimento ucraino nell’attacco. Queste le parole pronunciate in occasione della conferenza stampa a Helsinki dove, a sorpresa, è giunto per incontrare i leader politici dei paesi nordici (Finlandia, Danimarca, Svezia, Norvegia ed Islanda).
“Basta manipolazioni. La Russia non ha vittorie sul campo, la seconda armata del mondo è perduta e ha bisogno di una motivazione per andare avanti”. Ha proseguito “Questo è ciò che sta accadendo e per questo deve fare mosse inaspettate: tentativi di assassinio, droni a sorpresa. La risposta è semplice: basta attaccarci, basta usare armi, lasciate la nostra terra. La soluzione è così semplice, senza entrare in queste manipolazioni”.
Si è poi appellato alla Corte penale internazionale che lo scorso 17 marzo ha emesso due mandati di arresto internazionale nei confronti del Presidente russo Vladimir Vladimirovich Putin e del Commissario presidenziale per i Diritti dei bambini Maria Alekseyevna Lvova-Belova per aver commesso crimini di guerra (deportazione e trasferimento illegale di bambini dalle aree occupate dell’Ucraina alla Federazione russa – articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto di Roma). Ha infatti così concluso “Noi non attacchiamo Putin o Mosca. Noi stiamo combattendo sul nostro territorio difendendo le nostre città e villaggi. Non abbiamo abbastanza armi per poterlo fare. Non attacchiamo Putin, lo lasciamo al tribunale”.
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