Nel day time di Rai Uno è arrivato un nuovo quiz: Zero e lode! è il suo titolo; a tenere il timone troviamo Alessandro Greco. Protagoniste del gioco sono quattro coppie di concorrenti che si sfidano nel corso di tre manche in ciascuna delle quali una coppia viene eliminata, fino ad arrivare al gioco finale a cui partecipa la coppia “superstite”. Il meccanismo alla base del programma è tutto sommato curioso e non scontato anche se, di primo acchito, piuttosto complesso. Lo scopo, in sostanza, è quello di rispondere a domande di cultura generale, puntando a dare la risposta esatta meno ovvia, quella che, su un campione di cento persone, pochi (o, meglio ancora, nessuno) ha dato.
L’abilità, dunque, non consiste solo nella conoscenza delle nozioni, ma anche, in un certo senso, nell’immedesimarsi nell”intervistato medio’ per riuscire a individuare quali sono le risposte fornite più comunemente (e quindi evitarle!). Gli argomenti spaziano: dai vincitori del Festival di Sanremo, ai simboli presenti sul cruscotto dell’auto, ai luoghi della letteratura italiana, solo per citare qualche esempio.
A fornire spiegazioni e delucidazioni su ciascuna domanda, durante la prima settimana di messa in onda c’era il ‘Signor Zero’- alias Stefano Santucci – al quale poi è subentrato Francesco Lancia ribattezzato Zerologo. Questi interventi se, da un lato, talvolta, rendono più interessante il gioco aggiungendo qualche chicca sugli argomenti trattati, dall’altro risultano spesso un po’ troppo didascalici, rischiando così di aggiungere una certa pesantezza ad un meccanismo già un po’ cervellotico.
Nel complesso Zero e lode! risulta tutt’altro che brillante, a dispetto della scenografia luminosa e colorata dello studio e della conduzione di Greco che, seppur sempre con garbo, ce la mette tutta per animare l’atmosfera facendo battute, ironizzando su di sé, scherzando con i concorrenti. Il programma non tiene incollati allo schermo; suggerisce spunti curiosi, questo è da riconoscere, ma la ripetitività del meccanismo che peraltro viene più volte spiegato – e ciò non giova certo alla fluidità del ritmo – e la mancanza di pathos, predispongono ad una fruizione frammentata e piuttosto disattenta. Difficile arrivare alla fine dei cinquantacinque minuti senza la tentazione di fare un po’ di zapping sugli altri canali.
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